ELEONORA
Le sere d'autunno mi ricordano di te.
Giacciono oscuri i boschi, il giorno muore
a piè dei colli in rosse gloriole.
In un villaggio vicino piange un bimbo.
A passi lenti se ne va pel bosco
a radunar le ultime foglie il vento.
Poi sale, da tempo abituata al cupo sguardo,
solitaria la falce della luna
alta nel cielo con la mezza luce
emergendo da terre sconosciute.
Percorre indifferente il suo sentiero
cingendo bosco, stagno, canne e viottolo
di smorti, malinconici bagliori.
Anche d'inverno quando le notti sono oscure
e vorticano ai vetri come in giuoco
vento e fiocchi di neve ho spesso l'impressione di vederti.
Risuona il piano, con sorriso insinuante
mi parla al cuore il tuo profondo, cupo
contralto, tu la più cruda delle donne care.
Talvolta la mia mano va alla lampada
e sulla vastità della parete si posa dolcemente la sua luce.
Cupa dalla vecchia cornice occhieggia la tua immagine
e mi ravvisa e sorride stranamente.
Ma io le mani ti bacio ed i capelli
e ripeto il tuo nome sussurrando.
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